Il potenziale di crescita delle catene di food&beverage
La maggior parte dell’industria foodservice globale, è costituita da ristoranti con servizio rapido (QSR – Quick Service Restaurants). In Italia il settore dei consumi fuori casa continua a crescere ed oggi rappresenta il 36% della spesa alimentare totale (Rapporto Annuale FIPE 2018) con un valore aggiunto di 43,2 miliardi di euro.
Negli Stati Uniti, metà del cibo che si consuma è fuori casa, di questo, metà è consumato in catene.
Nell’ultimo periodo, però, si sono affacciati sul mercato delle realtà ibride, definite fast casual, che comportano una gestione simile a quella delle catene di fast food, ma con le attenzioni proprie dei ristoranti più tradizionali: cura della materia prima e dei prodotti proposti, un ambiente rilassante ed informale, servizio al tavolo, attenzione alle esigenze dei singoli clienti.
La crescita esponenziale del food delivery
A livello globale, oggigiorno, la food delivery rappresenta quasi il 6% delle vendite dei ristoranti, ed è una tendenza che non accenna a rallentare.
Il mercato del food delivery dovrebbe raggiungere circa i 200 miliardi di dollari (passando dal 6% a circa il 10% del totale del servizio di ristorazione). In un settore da più di 3 trilioni di dollari l’impatto potrebbe essere davvero molto significativo.

Come la tecnologia favorisce il settore della ristorazione?
Nello scenario precedentemente descritto, la tecnologia entra in campo come facilitatore dei processi gestionali, automatizzandoli: gestisce le performance delle vendite in tempo reale, detta i tempi e le code alla cucina, pianifica in modo automatico gli ordini ai fornitori e gli ordini dei dipendenti, etc. etc.
Un ristorante è sempre più come un impianto di produzione industriale ma non tutti gli operatori che sono da più tempo sul mercato hanno colto l’opportunità: ciò ha creato spazio per le catene emergenti che ingegnerizzano i propri format con gli ultimi aggiornamenti nei loro modelli di business sin dal loro inizio.
Ristorazione e voice ordering
Sicuramente l’impiego di applicazioni vocali e l’integrazione di queste con Amazon Alexa e Google Echo non tarderà a prendere piede.
Già la catena Domino’s ha integrato con successo la sua tecnologia “Easy Order” con Alexa, quindi per ordinare la cena a casa basta dire “Alexa, ordina Domino’s”.
In questo caso, però, occorre prestare attenzione a non attivare una tecnologia solo per ottenere pubblicità, piuttosto pensare a come migliorare davvero l’esperienza dei clienti. Infatti, nel caso del voice ordering, sono già avvenuti casi in cui, a conti fatti, effettuare l’ordinazione tramite questo strumento comportava tempistiche più lunghe che non tramite app o sito web, con conseguenti disagi per la clientela.
Come convogliare la richiesta di personalizzazione dei prodotti con una gestione sostenibile dell’offerta?
Differenti studi hanno confermato che, nonostante gli utenti richiedano un’offerta personalizzabile, una scelta troppo ampia risulta poi, a conti fatti, più frustrante che non soddisfacente.
Esiste una via di mezzo tra un’offerta super personalizzabile e il rischio di far sentire il cliente sopraffatto: si tratta delle opzioni di self-ordering, dell’uso di applicazioni mobile e/o di chioschi per effettuare ordinazioni. Tutte queste tecnologie, infatti, consentono ai ristoratori di poter massimizzare i profitti con tecniche di merchandising più ricche (menu engineering, psicologia dei prezzi, etc.), ma, contemporaneamente, offrono un’interfaccia che, se studiata bene, facilita l’utente guidandolo nella scelta più adatta a lui e alle sue esigenze.
Questo sarebbe impossibile da rendere con un semplice menù stampato!
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